"Acchiappafantasmi" è un libro per chi pensa che letteratura e vita siano due parole per indicare la stessa cosa. Anzi. Soprattutto per chi pensa che la vita sia una delle più riuscite invenzioni della letteratura. Tra reading teatrali e reportage narrativi, ritratti linguistici e ossessioni cinematografiche, Giordano Meacci riscrive gli anni della sua vita etimologica di lettore trasformandoli in un vero e proprio «Canzoniere in prosa». Divertendosi a giocare con le forme differenti che li prevedono: tutti questi frammenti (legati tra loro da una sintassi che gli conferisce comunque una vita nuova) vogliono essere, anche, un omaggio e una lettera d'amore alla passione che regala la vita quando si presenta e rivela il suo vero nome. E così Bob Dylan e Giordano Bruno, Ettore Scola e Rosa Balistreri, gli Sparklehorse e Caterina da Siena convivono, tutte e tutti, nelle pagine di Meacci - fantasma tra gli altri attraversato dalla vita e dalle cose mentre scrive - insieme con l'epopea dei Senzacarta, «il più memorabile tuffo nella storia delle piscine "Il Delfino" di Tavernelle (Perugia)», gli azzardi del «perdono della sintesi» e i blues che ci proteggono dalla paura agl'incroci quando c'è il rischio di incontrare il diavolo. Perché la vita, per chi acchiappafantasmi, è scritta anche dall'incanto della musica, dalla magia lunare delle immagini in movimento, dalla sospensione ipnotica del teatro: e da tutte le grammatiche che li compongono attraverso la lingua e i linguaggi di cui sono fatti. E la letteratura - per quello che poi vorrà dire - è la forma che si dà alla lingua per cercare di fermare i fantasmi che ci hanno attraversato e ci attraversano; costringendoli a restare: e ad accompagnarci. Ma solo se vinti dall'azzardo di Bellezza che li tiene con noi.
Anonimo -