Lungo le prime vie carrozzabili di una Parigi 'fin-de-siècle', nuove ardimentose imprese commerciali aprono i battenti, destinate a rivoluzionare il concetto di vendita e, in parte, il volto della stessa società. "Al paradiso delle Signore" è il grande magazzino che Octave Mouret, commesso intraprendente, 'inventa' per sbaragliare qualsiasi altro genere di negozio: e la sua figura, interamente proiettata verso il futuro, è quella dell'eroe epico, del precursore. Una lacrimuccia stentata, da coccodrillo, versa l'autore sul triste declino del piccolo commercio, della bottega artigiana o a conduzione familiare: vecchiume ormai superato, cadavere graveolente. Il romanzo è l'apoteosi del vincitore, la cui tenacia nel lavoro, il cui ingegno multiforme, e privo di troppi scrupoli, ne decretano il rapido successo nel mondo degli affari, ma anche in quello sociale ed erotico-sentimentale. Il trionfo del 'self-made man', rappresentante della giovane borghesia rampante, è dunque esito necessario in una visione d'insieme che privilegia le più moderne qualità fattive. Rimane un po' in ombra, per quanto Zola si chini amorevole a deplorarne la sorte, chi a tale successo attivamente coopera, senza averne tuttavia parte alcuna: l'umile sottobosco dei commessi, dei caporeparto, di coloro, cioè, che il padrone manovra con accortezza al fine di trarne il massimo vantaggio. Alla clientela femminile, principale involontario strumento di ascesa, non va simpatia: "Ho la donna, io, e m'infischio del rimanente!", è la battuta arrogante di Octave. Nello sfruttamento della debolezza muliebre egli spiega tutta la sua abilità, intuito e fantasia: dall'allestimento di vetrine fantasmagoriche, e di reparti traboccanti delle merci più disparate; all'uso della pubblicità, dei prezzi fissi, dello sconto; fino al "soddisfatti o rimborsati", o altre pratiche oggi ben note.
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