Questo libro affronta domande fondamentali in un tempo di amori feriti e spezzati, relazioni colpite da fallimenti e cadute; offre uno spaccato del vissuto di persone segnate da separazione e divorzio; illustra, a partire dalla prospettiva dottrinale cattolica, varie vie teologico-pastorali di mediazione. Sono le persone coinvolte nel dramma di un fallimento matrimoniale e familiare che ci raccontano le loro storie e commentano la parola di Dio. A queste testimonianze si accosta poi la riflessione di uno psicologo, un teologo, un esperto di pastorale familiare. Perché c'è bisogno di una chiesa che, assumendo lo stile di Gesù, mostri il suo volto materno e sappia offrire alle persone ambiti capaci di aiutare il processo di guarigione e salvezza. INTRODUZIONE Papa Francesco ha convocato un sinodo dei vescovi per discutere su «Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell'evangelizzazione». Il sinodo si svolgerà in due tappe: l'assemblea generale straordinaria nell'autunno 2014, con lo scopo di raccogliere testimonianze e proposte sul tema; e l'assemblea generale ordinaria del 2015 per cercare e indicare alcune linee operative per la pastorale del matrimonio e la famiglia. Si tratta di un'iniziativa carica di novità, soprattutto per la prima tappa, dove la chiesa si mette in ascolto e da «docente» si fa «discente», volendo coinvolgere attivamente nella preparazione tutto il popolo di Dio, vescovi, sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici. Il popolo cristiano e l'opinione pubblica in genere sono in attesa dello svolgimento del sinodo. Le questioni che sono state poste sul tappeto sono molte e molto sentite sono in particolare quelle inerenti la pastorale delle situazioni matrimoniali difficili o «irregolari», cioè separati, divorziati, divorziati risposati. Ora il punto di partenza per una riflessione su un tema così «sensibile» e, per molti aspetti, anche spinoso, non può che essere genuinamente evangelico. Gesù stesso, volendo illustrare chi sia il prossimo da amare, evita qualsiasi discorso astratto, ma racconta la parabola del «buon samaritano», soffermandosi sulla singolare vicenda di un «uomo» ridotto in fin di vita dai briganti, ma soccorso e curato da un altro «uomo», per di più diverso da lui per appartenenza etnica e religiosa (cf. Lc 10,30-38). Così è stato, per evocare un esempio a me caro, anche per san Francesco di Assisi, che arriva a comprendere chi sia veramente il suo prossimo solo dopo aver incontrato un lebbroso. È noto, infatti, come un giorno, andando a cavallo per la campagna di Assisi, egli incrociò per strada un lebbroso e, vincendo il proprio naturale ribrezzo verso quella creatura deforme, scese da cavallo e lo abbracciò. Nel volto dell'altro s'incarna il volto di Gesù Cristo2. Ebbene, quando si entra in contatto con la vicenda di persone il cui legame coniugale si è spezzato o è fortemente a rischio di spezzarsi, ci si trova di fronte a persone «malcapitate», incappate in circostanze e vicende che le hanno prostrate e umiliate, proprio come è avvenuto al protagonista della parabola evangelica. Persone che rischiano poi di essere o di sentirsi come dei «lebbrosi», cioè emarginate, guardate da lontano e con diffidenza anche nelle comunità cristiane, che spesso non riescono a offrire se non un misto di accoglienza, di commozione e di commiserazione. Come nel caso della donna samaritana incontrata al pozzo di Giacobbe da Gesù (cf. Gv 4,5-29), si tratta di persone ferite nella loro ricerca d'amore; uomini e donne che, talvolta, riconoscono di non essere stati mai amati davvero e la cui situazione di separazione dal coniuge con cui avevano progettato un'intera vita insieme, li mette ora in uno stato di delusione e di disincanto, di rabbia, di risentimento e di frustrazione, al limite spesso della disperazione. Il pastore non sempre sa come rapportarsi con loro e può capitare che chiuda tutte le porte, sottraendosi a ogni possibilità di ascolto e di dialogo. Ora, alla luce dei due esempi riportati
Anonimo -