Le testimonianze di gran lunga più remote dei primi esperimenti nel campo dell'architettura ci vengono dall'Anatolia e dai paesi confinanti del deserto siriaco. S. Llyod, il grande archeologo inglese, prende le mosse proprio dai risultati delle ricerche compiute in quest'area per elaborare il suo vasto saggio sull' 'Architettura dell'Asia anteriore antica'. L'Autore vi analizza un numero limitato ma estremamente significativo di esempi che si collocano in Anatolia, Mesopotamia, Siria e Palestina, Persia, su un arco temporale esteso fra il III e la metà del I millennio a.C. E' chiaro che quelle civiltà conobbero sviluppi diversissimi. Tuttavia l'Autore - valendosi anche d'una scelta sapiente e funzionale di illustrazioni - pone opportunamente in evidenza i reciproci influssi (che non mancarono), in modo da fare emergere una linea di sviluppo unitaria e coerente. Egli ci fornisce così un quadro d'assieme molto convincente, secondo un'impostazione che trova la sua più rigorosa giustificazione sul piano della storia delle forme. Per parte sua, l'insigne egittologo tedesco H.W. Muller delinea un'interpretazione limpida ed efficace dell'architettura dell'Antico Egitto, con un discorso che procede tenendo conto dell'intrecciarsi e del prevalere ora dell'una ora dell'altra componente della civiltà egizia (Alto e Basso Egitto). L'Autore analizza l'evoluzione delle forme e del tempio, del santuario, del palazzo e delle tombe, mostrando il legame dell'architettura con le vicende politiche, sociali e religiose. Ma soprattutto evidente è l'isolamento dell'Egitto, la sua impermeabilità all'influenza esterna. Persino nella Bassa Epoca troviamo santuari nei quali nessun elemento si ricollega alla tradizione figurativa e anche soltanto tecnica dei costruttori greci e romani. Due sintesi magistrali, quella di Llyod e di Muller, nelle quali l'architettura, la storia e - quando occorra - la cronaca si trovano felicemente congiunte.
Anonimo -