Nelle tenebre di una tormentata finitudine, sofferenza e felicità sono i termini attorno a cui si muove, senza remi né bussola, la nostra breve navigazione tra i vertiginosi flutti della furia del tempo. Malgrado la meta sia un inequivocabile naufragio, ciascuno di noi è un timido cercatore di assoluto, eternamente sospeso tra il feroce abisso e le subimi vette dell'inquietudine, che si sforza di trovare un senso, tra ragione e follia, ai riflessi opachi di uno specchio deformato che, forse, non esiste. Questo è assenzio: gesti verbali sospesi tra eudaimonia e caducità che non intendono rassicurare, consolare o compiacere, ma provocare ustioni di senso, come schegge di pensiero che entrano negli occhi, per dirla con Gabriel Laub.
Anonimo -