"Simone Weil ha convertito molti non cattolici, ha deconvertito molti cattolici": è sufficiente questa affermazione di un eminente teologo per testimoniare quale rivoluzionario valore abbia assunto, nel Novecento, un pensiero che si dipana in una piccola costellazione di "libri duri e puri come diamanti, dal lento ritmo incantatorio, dal francese sublime" (secondo le parole di Cristina Campo). Una costellazione al centro della quale si colloca "Attesa di Dio", raccolta di scritti - composti fra l'autunno del 1941 e la primavera del 1942 - apparsa postuma nel 1949 per le cure di Joseph-Marie Perrin, l'affabile padre domenicano che fu amico, confidente e destinatario delle sei lettere che, dettate da un ineludibile 'bisogno di verità', costituiscono parte essenziale dell'opera. Ponendosi sulla soglia di una Chiesa che ha svilito la verità a linguaggio normativo, e rimanendo 'in attesa' nel punto d'intersezione fra cristianesimo e tutto ciò che non lo è, Simone Weil esprime, attraverso "un esempio concreto e certo di fede implicita", l'urgenza di una nuova forma di religione e di una radicale trasformazione dell'anima. E ancora oggi non si esce illesi dalla lettura di pagine fra le più alte che nel secolo scorso siano apparse. Fondata sullo studio dei manoscritti e corredata di un ampio corpus di apparati, questa nuova edizione di "Attesa di Dio" illustra la genesi dei singoli testi che compongono il volume - sei lettere e cinque saggi - e ne individua le interne connessioni, offrendo così un prezioso strumento per cogliere lo sviluppo del pensiero di Simone Weil.
Anonimo -