Dove passava lui non cresceva più l'erba. Lo chiamavano il Flagello di Dio. Attila. 409 d.C. Cento guerrieri galoppano lungo le strade d'Italia, attraversano il Po, si avvicinano a Ravenna, la capitale dell'Impero romano d'Occidente. Montano cavalli bassi e tozzi, hanno lunghi capelli e indossano vesti di cuoio; sembrano creature di un altro mondo. Il rumore di zoccoli delle loro cavalcature rimbomba nelle vie della città, spaventa i passanti, atterrisce mercanti e perdigiorno: da sempre l'arrivo degli unni è sinonimo di sciagura. Ma per una volta quei feroci combattenti sono attesi: fanno da scorta a un bambino, un principe unno portato in ostaggio all'imperatore Onorio in segno di amicizia e pace. Il piccolo ha la pelle scurita dal sole, il volto costellato di cicatrici rituali, gli zigomi alti, gli occhi tanto stretti da sembrare chiusi: il suo nome è Attila, e a Ravenna trascorrerà lunghi anni in cui apprenderà le usanze dei romani, i suoi futuri nemici. Quarant'anni dopo, alla testa della sua orda, Attila abbandona le sconfinate pianure dell'Europa orientale, per spingersi verso ovest. Dove passa fa terra bruciata, vuole arrivare in Italia, colpire a morte il cuore dell'Impero. Solo un uomo può fermarlo, un uomo che un tempo aveva dimorato nella sontuosa capitale-accampamento degli unni, che gli era stato amico, che aveva cavalcato con lui nelle steppe. È Flavio Ezio, l'ultimo baluardo contro la corrosione interna di una civiltà millenaria e contro la minaccia delle popolazioni barbariche. L'ultimo grande generale di Roma. I due condottieri, l'uno determinato a salvare l'Impero l'altro ad annientarlo, si affrontano sulla pianura remota dei Campi Catalaunici nella più eroica e cruenta battaglia che la Storia ricordi, la battaglia che determinò il destino della futura Europa. Ancora una volta Michael Curtis Ford rivela il suo talento di narratore di mondi antichi riportando in vita un'epoca attraverso i suoi protagonisti, trasformando le fonti in un romanzo epico, in cui amicizia, ambizione, coraggio e senso dell'onore hanno per sfondo le maestose rovine della romanità.
Anonimo -