Viviamo, di solito, col nostro essere ridotto al minimo; la maggior parte delle nostre facoltà rimangono assopite, fidandosi dell'abitudine che sa cosa si deve fare e non ha bisogno di loro. Di calma non ce ne può mai essere nell'amore, perché quel che si è ottenuto non è che un nuovo punto di partenza per desiderare dell'altro. Nell'attesa, l'assenza di quel che si desidera ci fa soffrire a tal punto da renderci insopportabile qualsiasi altra presenza. Non si ama più nessuno quando si è innamorati. La felicità ha, si può dire, una sola utilità: rendere possibile l'infelicità. La bellezza è una catena d'ipotesi che la bruttezza restringe, sbarrando la strada che già vedevamo protendersi verso l'ignoto. Chi non assimila ciò che nell'arte è davvero nutriente, ha continuamente bisogno di gioie artistiche, in preda a una bulimia che non lo lascia mai sazio. *** «Merito di Proust, certo, della grandiosa polivalenza del suo capolavoro, che non è un solo libro ma la stratificazione di molti libri, se non addirittura di tutti i libri possibili - e che rimane dunque vivo, vivo in ciascun pezzo, anche se lo si faccia, letteralmente, a pezzi...» Giovanni Raboni
Anonimo -