«`Questo libro è stato pubblicato più di cinquantanni fa, poco dopo la tragedia del 1970 sul Nanga Parbat in cui perse la vita mio fratello Günther. Su quella vetta non mi era venuto a mancare il senso della vita, ma lequilibrio interiore Ero alla fine del mondo ed ero rimasto solo e sperduto. Così Reinhold Messner racconta la genesi del suo primo libro, che oggi viene riproposto a mezzo secolo di distanza in una nuova edizione aggiornata dallautore. Il Ritorno ai monti del 1971 è stato, per il giovane Messner (allora ventisettenne), un momento catartico di scrittura con cui recuperare lequilibrio e i valori perduti. Ma ancor più per il mondo alpinistico di allora, e per la letteratura di montagna, è stato un momento di rottura. Rivoluzionario, nei contenuti e nella forma. Erano gli anni in cui ancora risuonavano le pagine eroiche e superomistiche di Bonatti, Desmaison, Rébuffat, i récit dascension ricchi di pathos e tempeste. Messner invece scrive di una montagna esistenziale ed ecologica ante litteram, un alpinismo gestuale e istintivo, felice, fine a se stesso. Alternativo al consumismo imperante, alle leggi del profitto, alla mediocrità del vivere cittadino. Ed è proprio Messner a ridefinire per primo la pratica alpinistica come mezzo per tornare `a una condizione umana che un tempo era ovvia e naturale: alla semplicità e allessenzialità della vita. Lecologia, anzi `la cura per la montagna e per i compagni di avventura sottendono a tutto il racconto del futuro conquistatore di 8000, ed è sempre un piacere rileggere le prime avventure sullOrtles, sulla Marmolada, sulle Droites, sul Sass dla Crusc, dove il giovane Messner ritrova `il senso del lavoro creativo, della prova superata e dellopera compiuta, e tale sensazione è di per sé un motivo di felicità». Paolo Paci
Anonimo -