DAL LIBRO: Se interrogassimo oggi quanti ammirano i Caratteri di Giovanni di La Bruyère intorno alle ragioni per le quali l'opera del pensatore francese ha già sfidato l'oblio di due secoli e s'accinge a trionfare sulle età future, qual risposta potrebbero dare, se non che essa deve l'immortalità al fatto «che della vita, della natura umana coglie certi lati, certi aspetti veramente immutabili, perchè essenziali, perchè profondamente congiunti dalle radici alle radici dell'essere nostro»?
Quei Caratteri, infatti, non son forse - per quanto attinenti a certi tempi e a luoghi ed a categorie di persone parimenti determinate - eternamente veri, tali insomma che l'umanità intera, oggi come fra cento anni, possa rispecchiarvisi e riconoscervisi sempre? Ebbene, per quanto oggi a noi medesimi possa parer strano, non fu a questi meriti intrinseci (non possiamo affermarlo con sicurezza?) che il La Bruyère dovette la improvvisa rinomanza sua, ma a ben altro motivo, del quale la storia della letteratura francese è chiara testimone.... Poichè le riflessioni filosofiche dell'autore erano illustrate da simbolici ritratti di persone designate con nomi chiesti all'antichità romana e greca, subito gazzettieri e cortigiani s'accinsero ad indagini davvero curiose intorno alla natura dei Caratteri stessi: vollero decifrarli quasi fossero altrettante sciarade, e «dopo averli spiegati a loro modo e creduto trovarne gli originali, diedero al pubblico delle lunghe liste di nomi, o, come essi le chiamavano, le «chiavi,» recando così noia tanto a coloro che vi leggono il loro nome, quanto all'autore che ne è la cagione innocente!».
Anonimo -