Uno spettro, il clandestino, ossessiona lanalisi e il racconto dellimmigrazione in Italia. È a partire da tale figura che sono state introdotte le distinzioni di fondo stranieri/italiani, immigrati/cittadini, noi/loro intorno alle quali si è definita lagenda della politica e ha preso forma parte della ricerca scientifica sul tema. Ma fare del clandestino la chiave di lettura delle dinamiche migratorie significa assumere e universalizzare il punto di vista delle agenzie di controllo della mobilità, in primis delle forze di polizia. In quanto potenziale minaccia e problema da risolvere, il clandestino ha infatti costituito sin dagli anni Novanta un baricentro operativo importante per le forze di pubblica sicurezza e ha finito per fornire il vocabolario e le cornici interpretative per parlare di immigrazione. Servendosi delle ricerche condotte nellarco di un ventennio, Fabio Quassoli, in una prospettiva costruttivista e a partire da un ampio lavoro di tipo qualitativo, ripercorre le tappe attraverso cui si sono consolidati fra questure, aule di tribunale, circolari ministeriali, commissioni per la valutazione delle domande di asilo e campagne di panico morale loggetto clandestino e i saperi che a esso si rapportano. La decostruzione di questo tipo di discorsi costituisce una priorità dal punto di vista analitico, per mutare la prospettiva da cui si guarda alle migrazioni e per ridefinire le politiche di gestione delle mobilità umane.
Anonimo -