22 giugno 1983. Una telefonata poco prima delle sette di sera, poi il silenzio. Emanuela Orlandi, cittadina vaticana di quindici anni, svanisce nel nulla in quel breve tratto di corso Rinascimento, a Roma, che scorre parallelo a piazza Navona, costeggiato da sedi istituzionali, importanti quotidiani, uffi ci di personaggi politici e dei servizi segreti e prestigiosi studi legali. È all'interno di questo microcosmo che prende avvio una delle vicende più enigmatiche della storia d'Italia. Emanuela scompare davanti a decine di testimoni, agenti di polizia, vigili urbani, compagni di scuola, negozianti e passanti occasionali. Chi l'ha rapita e perché? La prima ipotesi investigativa si orienta verso il sequestro a fi ni di libidine violenta a cui del resto riconducono gli indizi più consistenti che precedono e seguono il rapimento: in particolare il ritrovamento di un nastro registrato che riporta a un contesto di violenza sessuale su una ragazza la cui voce sembra essere quella di Emanuela. Stranezze e anomalie segnano uno dei più celebri casi di scomparsa in senso assoluto. Tra testimonianze rivedute e corrette, ombre e presenze oscure quanto rocambolesche, salta fuori una coincidenza sorprendente che avvicina le due sparizioni più famose e misteriose avvenute nella Capitale: non è singolare che i casi Orlandi e Adinolfi , il giudice anche lui scomparso nel nulla nel 1994, si trovino a condividere lo stesso luogo, una chiesa di Roma, come recapito in cui vengono lasciati messaggi anonimi e comunicati di fantomatiche organizzazioni?
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