"Subito in apertura di questo libro Martin Buber volle precisare quale impresa azzardata e preziosa si era proposto nel comporlo: ""Queste testimonianze di uomini e donne su qualcosa che essi vissero come esperienza sovrumana non sono state raccolte allo scopo di darne una definizione o una valutazione, ma perché in esse l'impeto dell'esperienza vivente, la volontà di dire l'indicibile e la vox humana hanno creato un'unità memorabile. Di questi elementi mi è sembrato degno di essere ripreso ciò che testimoniava, o recava in sé, il segno della parola"". In questa voce incontriamo una ""bellezza diversa da quella estetica"". E, a quel punto, aggiungeva Buber, ""nulla so più di gradi, né dell'ordine gerarchico degli spiriti. Ecco Plotino il Sublime e Attár, il più audace dei poeti; ecco Valentino, il demone segreto del cambiamento di un'epoca; ed ecco Ramakrishna, per il cui tramite, tutto lo spirito indiano si è di nuovo svelato ai giorni nostri; ecco Simeone, l'amico e cantore di Dio dell'era bizantina, e Gerlach Peters, il suo fratello olandese, giovane e lieto di morire; e qui, accanto a loro, ecco Alpais, la pastorella le cui parole quasi mi sembrano troppo accorte; e Armelle, la selvatica serva contadina; e i Camisardi, che mi confidano con rette parole, peccati e redenzioni; ed ecco ancora le candide suore innamorate seguite dai goffi borghesi che balbettano le loro storie fantastiche, Hans Engelbrecht e Hemme Hayen. Eccoli qui, uno accanto all'altro, uno con l'altro, riuniti nella comunità di coloro che hanno osato raccontare quell'abisso; io vivo con loro, ascolto le loro voci, la loro voce: la voce dell'uomo"". "
Anonimo -