La proiezione in chiave transfrontaliera dell'autonomia riconosciuta alle articolazioni territoriali degli Stati è un fenomeno che ha trovato particolare sviluppo, da un lato, attraverso l'esercizio del c.d. "potere estero" ad esse attribuito dal diritto interno, e, dall'altro lato, nella disciplina internazionale della cooperazione transfrontaliera, la quale, per quanto specificamente riguarda l'ambito regionale europeo, ha rinvenuto negli strumenti normativi adottati nel contesto del Consiglio d'Europa il quadro normativo all'interno del quale esplicarsi. La disciplina del Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT) di cui al regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio - che costituisce l'oggetto dell'indagine che ci si propone di condurre nel presente lavoro - presenta sicure connessioni con i fenomeni dinanzi descritti, ma se ne discosta in misura significativa, ponendo interrogativi in larga misura inesplorati. L'introduzione del GECT nel diritto dell'Unione europea ha, infatti, dato luogo a specifiche quanto complesse questioni di coordinamento tra le diverse fonti che vengono in rilievo per la disciplina del fenomeno in esame, vale a dire il diritto dell'Unione europea, il diritto degli Stati membri (ma oggi anche di Stati terzi per effetto delle più recenti modifiche) e gli atti costitutivi dei singoli enti di cooperazione. La costituzione di un GECT genera, infatti, un coacervo di relazioni giuridiche - di carattere sia privato che pubblico (con sfumature e contorni peraltro non sempre facilmente distinguibili tra i due ambiti) - fortemente connotate da elementi di internazionalità, dando luogo alla necessità di introdurre una apposita disciplina non soltanto materiale ma anche di conflitto idonea a bilanciare (e tutelare, anche attraverso l'introduzione di appositi strumenti di tutela giurisdizionale) i diversi (e non di rado contrapposti) interessi dei vari soggetti coinvolti (Stati, membri del gruppo di cooperazione e terzi), in funzione, tra l'altro, del conseguimento dello specifico obiettivo sotteso alla disciplina in considerazione, rappresentato dalla promozione della coesione economica, sociale e territoriale tra i diversi Stati dell'Unione europea. In tale prospettiva, la decisione di dedicare il presente lavoro all'esame della disciplina del GECT trae origine dalla consapevolezza che il diritto dell'Unione europea rappresenta il contesto più fecondo per l'evoluzione di soluzioni normative particolarmente avanzate nell'ambito in considerazione. In disparte gli ovvi riferimenti all'elevato grado di effettività della fonte (regolamentare) con cui è stato introdotto lo strumento in esame, ciò è dovuto non soltanto all'esistenza nel diritto dell'Unione europea di un sistema di regole uniformi di diritto internazionale privato (in senso lato) particolarmente avanzato per quanto riguarda l'ambito civile e commerciale (regole che possono offrire la soluzione anche delle complesse questioni che si pongono nel contesto in esame nella misura in cui ne sia intercettato l'ambito applicativo, da ricostruirsi secondo autonomi criteri interpretativi), ma anche a motivo della reciproca fiducia e del livello di armonizzazione che caratterizza numerosi settori del diritto interno dei vari Stati membri, il quale ha di certo favorito l'(opportuno) sviluppo di regole di conflitto anche con riferimento a profili (pubblicistici) tradizionalmente sottratti all'applicazione di tale tecnica, con la finalità - da ultimo espressa nel considerando n. 73 della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici - di integrare le norme di diritto internazionale privato vigenti nell'ambito civile e commerciale, offrendo un quadro normativo adeguato per la disciplina delle "amministrazioni transfrontaliere" di nuova istituzione. In siffatto contesto si è, quindi, ritenuto che soltanto un'analisi approfondita e "a tutto campo" dello strumento in considerazione potesse, da un l
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