Il libro propone - come il lettore vedrà nella nota introduttiva che qui si riassume - un documento di raro e particolare interesse, il diario di un giovane soldato italiano che, all'armistizio dell'8 settembre 1943, rifiutò di continuare la guerra a fianco di tedeschi e fu subito imprigionato in un lager nazista, come avvenne a un gran numero di soldati italiani, ridotti in schiavitù dai tedeschi e considerati come traditori. Marchiati come "Internati Militari Italiani" (IMI), acronimo sinonimo di vigliaccheria per i tedeschi, furono sfruttati come schiavi nelle miniere, nelle fabbriche, nei campi, o a scavare trincee, e sempre sotto la minaccia delle armi, tra violenze, fame e degrado. La sofferenza di questi sventurati non trovò consolazione nemmeno alla fine della guerra: nessuno li accolse, nessuno si fece carico della loro tragedia, vivendoli come codardi o traditori o magari come comunisti, in tal modo costringendoli al silenzio. Proprio per questo tacere è importante rendere loro l'onore che meritarono.
Anonimo -