Smarcando la filosofia di Sartre da quelle letture che assolutizzano la dimensione della libertà come pura produttività o capacità incondizionata di creazione ex-nihilo, il volume si concentra su tre nozioni (giuramento, istituzione, hexis) che restano generalmente ai margini degli studi sartriani, o che comunque vengono liquidate come il rovescio negativo e alienante della spinta progettuale che caratterizza ogni prassi rivoluzionaria. Un'analisi rigorosa di alcuni passaggi della Critica della ragione dialettica (1960) mostra invece come Sartre si sforzi di pensare un esercizio politico concreto della libertà collettiva, a partire dalla rete di obbligazioni sociali e istituzionali in cui essa si trova già da sempre presa. Lungi dall'indicare una proprietà che il soggetto possiede in sé (per esempio sotto la forma di un diritto naturale), la libertà può esercitarsi solo a partire dalla passività che intimamente la abita: il giuramento, l'istituzione, la hexis (disposizione, abitudine) rappresentano tre declinazioni di ciò che Sartre definisce "passività attiva". È proprio questa dimensione paradossale che permette all'azione di un gruppo di durare nel tempo, di produrre una forma regolata di legame tra i suoi membri. Iscrivendosi nell'ambito del rinnovato interesse suscitato dal pensiero di Sartre nel panorama filosofico italiano, il volume mostra perché e in che modo il filosofo francese rappresenti un prezioso interlocutore per il dibattito filosofico-politico contemporaneo e per i problemi che lo attraversano, a cominciare da quello dell'istituzione.
Anonimo -