Il pròbleme che limmagine del cinema moderno pone è lo stesso di fronte a cui si trova la filosofia della differenza del grande libro del 1968, Differenza e ripetizione: uscire dalla tutela del Tutto-Uno, sottrarsi al percorso verticale e gerarchico della rappresentazione, produrre un differente rapporto tra io, pensare, essere. La filosofia deve pensare con i propri strumenti, i concetti, un essere che è un terreno di differenze senza gerarchia, un io che esce dai canoni del soggetto trascendentale, un mondo che non è un tutto-uno e che il pensiero non è più in grado di pensare nemmeno come il proprio orizzonte. Larte (il cinema come arte) affronta lo stesso problema: la frattura del tempo narrativo tradizionale, la singolarità non integrabile in un intero, linterstizio reso visibile, la dissociazione tra il visivo e il sonoro. Allora, che cosa può pensare il pensiero nelle sue differenti forme? In che cosa consiste la sua potenza, se non può pretendere lonni-potenza e se lidea del tutto non può nemmeno più essere il suo orizzonte?
Anonimo -