Inglese, aristocratica, cosmopolita, vittoriana, fiorentina d'adozione, studiosa d'arte, assertrice dell'emancipazione femminile, ricercatrice instancabile di cronache e antiquaria, non è difficile prevedere che cosa dicessero, all'esteta Vernon Lee, i paesaggi peninsulari, cosa vi cercasse e quali suggestioni ricavasse per trasferirli nei suoi racconti italiani. La nostalgia per le perdute presenza mitiche, per gli antichi dei ed eroi, per il gelido tocco degli inquieti fantasmi locali lasciati da una qualche crudeltà selvatica e primordiale o perversamente raffinata. In numerosa e buona compagnia, in questa ricerca di carabattole nella soffitta dell'immaginario fantastico italiano. Una compagnia che va almeno da Stendhal, passando per le cronache di Croce, fino ai racconti di Tomasi di Lampedusa e oltre, fino forse a Patricia Highsmith e addirittura a un certo cinema thriller italiano degli anni Settanta e Ottanta (alla Dario Argento e Pupi Avati).
Anonimo -