Nel Medioevo e nell'Età moderna è stata vivissima la preoccupazione che spese eccessive per abiti e banchetti potessero impoverire le economie cittadine. Per questa ragione, ma anche per rendere riconoscibile l'appartenenza all'una o all'altra categoria sociale tramite un codice estetico, le città emanarono costantemente, a partire dal XIII secolo, leggi suntuarie che disciplinavano il modo di vestire, i banchetti e le cerimonie. Il fenomeno si estende cronologicamente fino alla rivoluzione francese e riguarda tanto l'Italia quanto gli altri paesi d'Europa. Nello specchio di questa vasta e suggestiva produzione di norme che regolavano la lunghezza degli strascichi, il numero dei gioielli ma anche la successione a tavola di lessi e arrosti si possono leggere sia i progetti e i timori dei legislatori che i tratti propri alle economie locali, i gusti e le capacità d'espressione degli uomini e delle donne, le ragioni morali in materia di edonismo e di consumi. In quattordici saggi studiosi italiani e stranieri esaminano le leggi suntuarie d'Italia, Francia, Germania, Spagna e Inghilterra e valutano l'apporto di questa legislazione alla storia sociale, economica e giuridica come a quella dell'arte e del costume.
Anonimo -