La compattezza e la funzionalità dell'intreccio narrativo, la costruzione equilibrata e un senso raro del ritmo fanno di "Edoardo II", da molti considerato il capolavoro di Christopher Marlowe, un dramma di grande impatto scenico e di forte teatralità. Ma la 'storia' di Edoardo II è grande e indimenticabile in quanto storia tragica di un eccesso e di una passione: la passione di un re che, al di fuori di ogni schema di ragionevolezza, ma soprattutto al di fuori dell'ordine simbolico di cui egli stesso rappresenta il vertice e la sacralità, non sa rinunciare al desiderio di bellezza, di poesia, e soprattutto di un amore trasgressivo e fatale. In sequenze rapidissime "Edoardo II" presenta lo scontro violento tra libertà dell'individuo e responsabilità pubblica, con un crescendo di ineluttabilità, di dolore e di crudeltà che si conclude con l'atroce morte di Edoardo nella Torre di Londra e con "il grido più agghiacciante della letteratura inglese".
E la 'passione' del re assume sul finire le sembianze della passione di Cristo e del suo martirio. Attorno alla figura di Edoardo si muovono le figure della storia 'pubblica' e di quella intima e privata di uomini e donne, e dei loro sentimenti ambigui: meschine gelosie, teneri affetti, passioni titaniche di potere e di vendetta, giochi delle parti da cui tutti, alla fine, risultano schiacciati, in un giro della fortuna precipitoso quanto implacabile.
Anonimo -