"Il passato è lo specchio del futuro" ripete Carlo Cattaneo in questi scritti di controversia. Ciò di cui parliamo oggi come di cose nuove - la rivoluzione delle comunicazioni, il valore gonfiato dei titoli tecnologici, il ponte di Messina -, era già tutto accaduto in quella 'belle époque' dell'economia e dell'ingegneria che fu l'Europa della Restaurazione. Ce lo testimonia questa raccolta di testi che rimette per la prima volta faccia a faccia due autori - l'uno economista e l'altro ingegnere - alle prese con uno dei più innovativi progetti industriali della prima metà del XIX secolo: far rinascere Venezia unendola al continente e a Milano grazie a un ponte e alla nuova tecnologia delle strade ferrate a 'grande velocità'. Ideata nel 1835 per assicurare il "risorgimento" della città lagunare, questa grande opera pubblica finanziata da capitali privati poneva la prima pietra del Risorgimento italiano e della modernizzazione della Penisola. Erano contrapposte idee imprenditoriali e conoscenze tecniche a fare da motore a questa disputa sulla questione progettuale: ingegneria del territorio o livellazioni geodetiche? meccanica newtoniana della rettilinearità oppure fisica industriale del rendimento? utilità nazionale oppure utili d'azienda? rischio d'impresa o intervento della mano statale? Più ancora di un documento eccezionale dell'innovazione tecnica e commerciale, più ancora che uno spaccato meticoloso della professione dell'ingegnere, questi testi ci offrono una lezione in materia di cultura dell'informazione: "Dobbiamo dunque parlare o tacere? Qual'è il più vero consiglio? Si tratta del vero e dell'utile. Age quod agis". Così scriveva il giornale di Cattaneo in pieno regime di censura sulla stampa.
Anonimo -