Viviamo nell¿epoca della prestazione, della performance, del culto dell¿Io e delle capacità individuali. L¿epoca del controllo, che anche il progresso scientifico ha contribuito a rendere sempre più verosimile. Un¿esperienza come la pandemia ci ha imposto un bagno di realtà, sui limiti individuali, collettivi e sui limiti in generale. Il corpo, proprio e degli altri, è diventato fragile, esposto, luogo di pericolo e incertezza. E sparisce. Abbiamo lasciato la libertà degli incontri ¿dal vivo¿ e conosciuto l¿obbligo delle connessioni virtuali, sono saltati i riti quotidiani e quelli di una Vita intera. La speranza è che questa esperienza possa far nascere nuovi significati e desideri degli incontri in presenza, far riscoprire il rispetto dei riti, nella loro portata risanatrice più profonda. Sappiamo che i cambiamenti hanno bisogno di tempo e di esperienze su larga scala e quindi abbiamo un¿occasione: essere così tanti coinvolti e così a lungo, può sostenere un cambiamento reale, anche delle rappresentazioni più profonde e antiche. E allora, qual è la libertà possibile? Nelle relazioni con noi stessi, con gli altri e con la Vita.
Anonimo -