Se è vero che «il prete è sempre prete», allora lo è anche nel vestire, nel mangiare, nell'abitare, nell'uso del denaro, nel tempo libero e nelle frequentazioni. Al di là della liturgia e della catechesi, è dallo stile con cui viene vissuta la quotidianità che emerge molto di un'identità e di un ministero. Dunque non si tratta, in questo "galateo", di indicare quali posate usare per il pesce o come eseguire un impeccabile baciamano, quanto di affrontare e valutare alcuni nodi della vita concreta di preti e comunità. Con efficace equilibrio tra ironia e spunto riflessivo l'autore avvicina esperienze, situazioni e problemi incontrati da tutti e magari liquidati con un sorriso, un'arrabbiatura o un'incertezza. DestinatariTutti, in particolar modo parroci e fedeli che hanno a cuore le loro comunità. AutoreMICHELE GARINI (1980) è un presbitero della diocesi di Mantova. Ha conseguito il baccalaureato in teologia, è laureato in storia e si sta specializzando in scienze storiche presso l'Università di Padova. È vicario parrocchiale di Asola (MN), dove vive quotidianamente le dinamiche pastorali e comunitarie. Si occupa di pastorale dello sport a livello diocesano. La recensione di AVVENIRE (a cura di Marco Beretta)http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/galateo-il-botn-ton-per-il-clero.aspx A un capo della storia c'è Giovanni della Casa (che comunque era monsignore...): «Non si dee adunque l'uomo contentare di fare le cose buone, ma dee studiare di farlo anco leggiadre». Dall'altro fa bastian contrario un altro prete, don Lorenzo Milani: «L'educazione borghese non insegna il rispetto del prossimo, ma solo il rispetto degli appartenenti alla classe dominante»... E in mezzo a questi due opposti estremi si stendono 5 secoli in cui si è spesso considerato che «il prete ha ben altro spessore e tutt'altre preoccupazioni dell'etichetta e del bon ton», per cui della buona creanza del clero non si è occupato nessuno - o quasi. A torto? A ragione? Don Michele Garini, giovane presbitero della diocesi di Mantova, nella sua pur fresca esperienza qualche motivo deve averlo trovato, se ha pensato di vergare addirittura unGalateo per i preti e le loro comunità che esce ora per le Edizioni Messaggero di Padova (pp. 184, euro 13). Non un prontuario - precisa - per spiegare «quali posate usare per il pesce o come eseguire un impeccabile baciamano», bensì una serie di riflessioni pratiche e di consigli di vita spicciola ai confratelli, nella convinzione che «dallo stile con cui viene vissuta la quotidianità emerge molto di un'identità e di un ministero»; tanto che «dai modi con cui parliamo, abitiamo la casa, usiamo il nostro denaro, frequentiamo i locali pubblici, mangiamo e ci vestiamo» può dipendere - «nel bene e nel male» - molto della pastorale stessa.Il simpatico don Garini sembra andare subito a bomba, iniziando proprio dal rapporto del prete coi soldi. Qui - sostiene - i reverendi dovrebbero andare in controtendenza rispetto al galateo classico, che impone di non parlare mai di denaro: per il sacerdote «che amministra in nome e per conto della comunità», invece, «la trasparenza è quasi obbligatoria. Troppo spesso le finanze parrocchiali (o diocesane) costituiscono agli occhi dei fedeli un misterioso enigma», mentre «i fedeli hanno il diritto di conoscere con una certa esattezza sia i bilanci sia l'ammontare delle retribuzioni clericali»; le critiche sulle ricchezze del clero «sono anche il frutto di tanti e troppi silenzi, di un falso pudore ad affrontare la dimensione economica della vita». Per questo anche il Consiglio per gli affari economici delle parrocchie «non può essere composto da yes-man supini alle decisioni presbiteriali e neppure deve avere un ruolo di ratifica formale di decisioni prese altrove».Il bon ton sacerdotale, come si vede, ha già assunto spessore. Ma don Garini affronta poi il tema dell'abitazione, dove i modelli da evitare sono due: da una parte la canonica-bunker, dall'altra il porto di mare. Nella casa parrocchiale -
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