La narrazione è alla base dell'esistenza di ciascuno: il racconto è ciò che dà forma al nostro passato, forza al nostro presente, vie al nostro futuro. La narrazione è elemento centrale anche dell'esperienza di fede nel Dio di Gesù Cristo rivelato nelle Scritture: la Bibbia dice Dio narrando una molteplicità di storie. Così è per gli stessi Vangeli, che chiedono di essere letti anzitutto come un racconto e in questo modo liberano il loro messaggio di speranza. Gesù di Nazaret, maestro nell'arte del racconto in parabole intessuto di quotidianità, diventa dunque il narratore per eccellenza del volto del Padre e al tempo stesso è «narratore narrato» nei Vangeli. ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE 1. Gesù narratore narrato «Gesù, narratore di Dio»: se noi parliamo di Gesù come narratore lo facciamo e lo possiamo fare solo a partire da narrazioni scritte che ci dicono che Gesù fu un narratore e ci raccontano la sua attività di narratore. Il narratore Gesù è stato narrato. In realtà, per noi lettori, Gesù è anzitutto narrato. E il narratore, narrato, è divenuto narrazione. Narrazione evangelica. Colui che raccontava oralmente è stato trasfuso nel racconto scritto. Gesù non ha scritto nulla e dopo la sua morte altri hanno scritto di lui, hanno sentito il bisogno di tramandare il suo ricordo attraverso il lavoro narrativo, la scrittura, ma una scrittura che era non solo sempre accompagnata dall'oralità della predicazione e dell'annuncio, ma anche una scrittura destinata a diventare nuovamente oralità, parola parlata, racconto orale. Come appare con evidenza nell'omelia liturgica, dove la parola scritta ridiviene parola pronunciata nell'oggi da persone viventi. Ma come appare anche nella testimonianza, nella narrazione esistenziale che i cristiani sono chiamati quotidianamente a fare dei Vangeli. Come la morte di Gesù era stata seguita dalla risurrezione, così il dinamismo pasquale di morte e risurrezione si applica anche alla parola scritta che narra Gesù e che risorge a parola vivente, a parola pronunciata oggi, dopo duemila anni, pronunciata in italiano o in spagnolo o in altre lingue e non più nell'aramaico parlato da Gesù, parola che scaturisce da un corpo vivente oggi, parola che crea legami e intesse relazioni oggi, che cerca di dire Dio oggi. Dunque noi raggiungiamo il Gesù narratore solo attraverso narrazioni scritte, i Vangeli, che si trovano all'interno della grande narrazione biblica. 2. I Vangeli all'interno della narrazione biblica Ha scritto Mario Pomilio: «Secoli di lettura prevalentemente religiosa ci hanno fatto dimenticare che i quattro Vangeli erano anzitutto racconti». La lettura «prevalentemente religiosa» dei Vangeli era ed è ancora essenzialmente la lettura liturgica: non una lettura personale diretta, ma l'ascolto di un brano evangelico nella proclamazione pubblica durante la liturgia eucaristica. La proclamazione liturgica è dominata dal criterio del taglio e della selezione dei brani sicché non vi è mai il contatto con l'intero testo evangelico, ma solo con pericopi, cioè spezzoni più o meno lunghi. La lettura «prevalentemente religiosa» rinvia anche a una lettura che per secoli è stata guidata da criteri soprattutto teologici o spirituali o morali (edificanti e parenetici). Eppure sono i Vangeli stessi a dichiarare il loro statuto di «narrazione». Il prologo del Terzo Vangelo (Lc 1,1) introduce l'opera parlando di diéghesis (narratio). Luca definisce «racconto» (diéghesis, narratio) il proprio Vangelo e anche gli altri che l'hanno preceduto: Poiché molti hanno posto mano a esporre ordinatamente una narrazione (diéghesin) degli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi (parédosan) coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch'io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne (grápsai) un resoconto ordinato per te, illustre Teofilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità deg
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