"Un uomo semplice, dall'aria gentile, affabile e premuroso, estremamente curato, pulito, impeccabile". Oltretutto, un prezioso informatore della polizia. Così si presentava Friedrich Haarmann. Nel giro di sei anni, fra il 1918 e il 1924, Haarmann massacrò ventisette giovani, con i quali aveva avuto rapporti sessuali, azzannandoli alla gola e bevendone il sangue. I resti mutilati delle vittime venivano poi da lui venduti al mercato nero o gettati nel fiume che scorre presso Hannover. A lungo nessuno si accorse (o volle accorgersi) di quanto accadeva. Quando finalmente il processo ebbe inizio, tra il pubblico composito e avido si nascondeva anche Theodor Lessing, uno dei più acuti e radicali "critici della cultura" della Germania di allora, un socialista nietzscheano che ebbe il privilegio di infastidire tutte le parti politiche, finché nel 1933 i nazisti lo assassinarono durante il suo esilio cecoslovacco, dopo avergli messo sulla testa una taglia di 80.000 marchi. Lessing, vittima predestinata, fu l'unico a capire - o per lo meno a fare un passo decisivo per capire - Haarmann, mostro predestinato. Dietro l'orripilante caso criminale, voleva scandagliare una di quelle oscure "anomalie della natura" grazie alle quali si intrecciano "la vita amorosa e il desiderio di morte, la volontà di annientare l'altro e la volontà di essere annientati, l'istinto omicida e la tenerezza". Ma al tempo stesso seppe cogliere in Haarmann ciò che faceva di lui una creatura dei tempi. Il sesso, la malavita, la delazione, la naturale torbidezza dell'aria di quegli anni in Germania: tutto questo vive nella sua indagine, che evita accuratamente ogni tentazione, cui già allora molti indulgevano, di soffocare la verità mediante la sociologia e la psicologia.
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