Sono trascorsi cinquecento anni da quando il veneziano Aldo Manuzio, primo e inarrivato fra gli editori di letteratura, pubblicò l'"Hypnerotomachia Poliphili", e questo abnorme romanzo misteriosofico, ritenuto - grazie anche alle mirabili xilografie che lo illustrano - il più bel libro della storia della stampa, conserva miracolosamente intatto il suo fosco fascino. E non cessa di suscitare stupore, interrogativi e acri polemiche. Risolta la questione del suo autore, che Giovanni Pozzi ha identificato in un Francesco Colonna frate indocile e libertino, resta il mistero del linguaggio, spericolato e intrepido esperimento in cui "l'orditura italiana di un periodare boccaccesco è... saturata dai più affollati e squisiti latinismi di estrazione argentea" (Contini). Un unicum manieristico che per la sua oltranza espressiva può essere paragonato solo all'ultimo Joyce. E resta il mistero di una narrazione che pare sottrarsi a ogni tentativo di classificarla. Polifilo ritrova in sogno l'amata Polia superando una serie di prove iniziatiche: un viaggio dell'anima, intrapreso in lotta con Amore per raggiungere la vera Sapienza, un pellegrinaggio onirico fatto di trabocchetti e prodigi, meraviglie e incubi, rovine classiche e giardini di delizie, fantastiche e iperboliche architetture, inquietanti e fascinose personificazioni allegoriche, ma anche un'eruditissima enciclopedia di miti, iscrizioni, emblemi, dotte ossessioni filologiche, mirabili lapidari, erbari e bestiari. Questa nuova edizione affianca alla riproduzione dell'originale la prima traduzione integrale in una lingua moderna, rendendo così finalmente accessibile il testo forse più arduo della nostra letteratura. Non solo: il commento che la correda, in cui si ricostruisce e si discute un imponente apparato di fonti classiche, medioevali e umanistiche, tenta di chiarire, per la prima volta sistematicamente, i molti enigmi che costituiscono la cifra di questo romanzo.
Anonimo -