Alessandro D'Ancona (Pisa, 20 febbraio 1835 - Firenze, 8 novembre 1914) è stato uno scrittore, critico letterario, politico e studioso delle tradizioni popolari italiano.
Nato da ricca famiglia di religione ebraica, compì i suoi studi a Firenze; all'età di diciotto anni pubblicò il suo primo saggio sulla vita e le opere di Tommaso Campanella.
Nel 1855 andò a Torino, nominalmente per studiare giurisprudenza, ma in realtà per agire da intermediario tra i liberalitoscani e Cavour; era intimo amico di Luigi Carlo Farini e rappresentò la Toscana nella Società Nazionale. Alla caduta dei Lorena, il 27 aprile 1859, con il plebiscito che sancì l'annessione della Toscana al Piemonte, tornò a Firenze, dove fu direttore dell'appena fondato quotidiano La Nazione, portavoce del Ricasoli, fino al 1860.
Da quell'anno fu infatti docente di letteratura italiana all'Università di Pisa, fino al 1900.
Diede avvio con Adolfo Bartoli, docente a Firenze, all'applicazione del metodo storico nelle ricerche letterarie italiane.
Appassionato e profondo cultore delle tradizioni popolari, D'Ancona seppe portare in questi studi la sua esperienza di filologo e la sua competenza di letterato. Egli fu il primo studioso a riconoscere le origini del canto popolare italiano in Sicilia, e il suo successivo affermarsi in Toscana.
A D'Ancona, inoltre, si deve la riscoperta di Cecco Angiolieri con un importante quanto ormai superato saggio pubblicato su "Nuova Antologia" nel gennaio 1874.
Nel 1891 divenne socio nazionale dell'Accademia dei Lincei, e due anni dopo fondò la Rassegna bibliografica della letteratura italiana.
Nel 1904 fu nominato senatore del Regno.
Fu infine sindaco di Pisa nel periodo 1906 - 1907.
Fra i suoi allievi si ricordano Giuseppe Mazzatinti, Francesco Novati, Pio Rajna, Michele Barbi, Francesco D'Ovidio e Giovanni Gentile.
Giovanni Gentile, allievo del D'Ancona
Giovanni Gentile commemora D'Ancona[modifica | modifica wikitesto]
Il nome di D'Ancona ritornò alla ribalta durante la seconda guerra mondiale quando il filosofo Giovanni Gentile all'Università di Pisa, commemorando un collega, rese omaggio al comune maestro che era ebreo:
« Noi che avemmo la fortuna di essere stati alla scuola del D'Ancona, lo ricordiamo maestro di scienza e di vita, quello che più di tutti ci fece sentire e amare nella perennità della storia e del calore della fede vivente la Patria immortale; e abbandonarlo oggi all'oblio ci parrebbe empietà vile, poiché anche nella furia della lotta più aspra si può e si deve serbare la misura e osservare la giustizia. »
(Giovanni Gentile, nell'orazione pubblica tenuta nell'università di Pisa)
La coraggiosa presa di posizione di Gentile non mancò in regime di discriminazione razziale di sollevare interesse e curiosità e Gaetano de Sanctis scrisse "Di fronte alla campagna antisemita egli, con coraggio non frequente a quei tempi, celebrò pubblicamente il suo maestro nell'ateneo pisano, Alessandro D'Ancona; privatamente, continuò ad adoperarsi, come sempre, a impedire o attenuare persecuzioni e condanne"[5].
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