Le nostre azioni possono determinare l'identità di chi esisterà. Se una coppia concepisce un figlio in un certo momento anziché in un altro, esisterà una particolare persona e altre persone possibili non esisteranno mai. A volte azioni che condanniamo intuitivamente fanno esistere determinate persone che andranno incontro a inusuali avversità esistenziali. Ma se per la persona creata l'unica vita possibile è una vita esposta a quelle avversità, in che modo le nostre azioni la starebbero danneggiando e ci renderebbero responsabili di un male? In che modo, ad esempio, una politica pubblica di ampia portata che avrà effetti negativi negli anni a venire può dirsi violare i diritti delle generazioni future, se ammettiamo che l'identità di chi esisterà nel futuro sarà determinata proprio da quella politica? Il fatto della precarietà dell'identità individuale sconvolge i nostri giudizi intuitivi e trasforma problemi noti in problemi ignoti. Dobbiamo interrogarci su quale teoria della giustizia possa dare fondamento ai diritti delle persone possibili. Il presente lavoro affronta questo interrogativo ripercorrendo il dibattito filosofico sul Non-Identity Problem, nato sotto l'impulso del filosofo britannico Derek Parfit.
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