"Mausoleo di una civiltà eroica al tramonto, i ""Fasti"", l'opera forse più seria di Ovidio, raccolgono e illustrano con raffinato spirito erudito le leggende e gli episodi storici legati alle singole ricorrenze del calendario romano. 'Fasti' infatti erano chiamati i giorni nei quali, secondo tradizioni codificate da tempo immemorabile, era consentito amministrare la giustizia, al contrario dei giorni nefasti, in cui era vietata qualsiasi attività giudiziaria per lasciare spazio alle celebrazioni religiose. Seguendo questa suddivisione del calendario, Ovidio si proponeva di comporre un'opera in dodici libri, uno per ogni mese dell'anno, in cui venissero spiegate le cause del carattere fasto o nefasto di ciascun giorno, le origini di feste e tradizioni religiose e di alcuni celebri episodi del mito. Ma il poema si interrompe al sesto libro, col mese di giugno, perché l'autore, per una colpa a tutt'oggi rimasta oscura, fu costretto da Augusto all'esilio a Tomi, una sperduta località del Mar Nero da cui non fece più ritorno. I libri compiuti, dedicati, in un estremo ripensamento, non più ad Augusto ma a Germanico, non sembrano tuttavia avere nulla del carattere maestoso e solenne di un grande poema religioso: l'ironia e il disprezzo per ogni formalismo rituale, e l'attenzione agli episodi salaci e favolosi del più disimpegnato cantastorie dell'età augustea - come spiega in un'esauriente introduzione Luca Canali - ne hanno fatto un susseguirsi di favole vivaci e divertenti, in cui al gusto per il particolare galante o piccante si unisce una costante predilezione per il gioco letterario e per il gioioso divertimento dei sensi e della fantasia."
Anonimo -