Thomas conta i passi. Da casa alla questura, millecinquantatre passi.
Da casa al tabaccaio, settecentonovantuno, da casa allo studio del notaio Strazzabosco a Vicenza, quindicimila passi. Conta con una precisione
metodica, senza mai lasciarsi distrarre, perché il vuoto che si porta dentro va riempito di incombenze continue, contare camminare calcolare. Gesti esatti, netti, in un tentativo ossessivo di guarigione dal tema che lo incalza
della solitudine e della morte. Intorno, la follia di una strada che ai suoi occhi «è sempre una sola», cinta da quello che a lui pare assurdamente un bosco
e che invece non è niente, solo veleno e discarica e cancrena urbanistica
di una provincia veneta ridotta a una scheletrica waste land industriale.
Alle sue spalle, Thomas non si lascia indietro anima viva, scomparsa ormai
la sorella, scomparso il suo assassino già lontano, partito per chissà dove, «evaso» dalla sua casa, da un delirio amoroso ossessionante, dai genitori
da sempre assenti, da un fratello che gli è apparso fin da subito straniero
perché troppo lucido, troppo responsabile. Ma niente è come sembra:
lungo la strada il protagonista avverte i segni di una tara psichica
che lo assedia e lo confonde, le schegge di un orrore che lo investe in pieno. E sente la sua realtà cedere mentre i passi lo conducono diritto nel cuore della verità piú atroce.
Anonimo -