Nei loro prologhi ed epiloghi, che mettono in scena quasi tutte le classi sociali del tempo, I racconti di Canterbury sono l'illustrazione perfetta di come certe opere sappiano trascendere i tempi in cui nascono. Scrivendo in coda a un secolo tragico e violento, Chaucer rappresenta l'Inghilterra come una nazione armoniosamente discorde, dove la virtù prevale sul vizio e il vizio è occasione di riso, più che motivo di indignazione. L'espediente narrativo unificante è quello del pellegrinaggio per Canterbury. Nei prologhi ed epiloghi dei Racconti, incontriamo i pellegrini a Londra e li seguiamo sulla strada. C'è un oste bonario e un po' prevaricatore, un cavaliere modesto e virtuoso che ha visto mille campagne militari, un dottore in medicina colto ma un po' avido, e non mancano funzionari pubblici, mugnai e fattori, bravi parroci di campagna, monache vanesie e frati corrotti, e un venditore di indulgenze che si autodenuncia in un monologo comico e quasi imbarazzante, da piazzista di reliquie. Chaucer mette in scena uno spaccato di società mobile e irrequieta, dove furfanti come il venditore di indulgenze, quello zoticone del mugnaio e quell'untuoso profittatore del frate prendono vita, e ci sembrano quasi nostri contemporanei. Questo volume ripropone esclusivamente quelle sezioni del testo, perché la cornice dei Racconti è la parte del corpus chauceriano che il trascorrere dei secoli ha mantenuto più viva, la più appassionante per i moderni e la più originale.
Anonimo -