Da allora non posso più dubitare della sua sincerità. I suoi saranno teosofemi assurdi. Ma egli li crede tanto, da esser grato a un diligente Herr Professor Albert Langer di Graz che, malgrado il crollo della corona (1923) e la conseguente miseria degli insegnanti, persiste a lavorare a un suo libro intorno al «Simbolismo nel Golem» in cui, tra l'altro, scopre che lo stesso nome del protagonista Athanasius Pernath - atanatos (immortale), pernicies (distruzione) - è una chiara allusione alla doppia natura dell'uomo: imperitura e transeunte.
Ma lasciamo il Meyrink credersi iniziato e iniziatore, e teniamoci a quel che c'è d'artistico in lui. Tanto anche il Machiavelli, ch'era chi era, faceva pompa, malgrado fiaschi solennissimi, della sua sapienza in ordinar schiere e falangi, nè lasciava, pur perdendo invariabilmente al giuoco, di proclamare infallibile certa sua teoria per vincere a colpo sicuro non so bene se a cricca o a tric-trac. Newton stesso teneva assai più al suo commento dell'Apocalisse che alla legge, da lui scoperta, della gravitazione. E chi non rammenta Pascoli, e il gran conto che faceva di quella sua «Minerva oscura», oscura, ahimè, veramente?
Che c'importa che artisti e scienziati siano spesso giudici così cattivi dell'opera loro? È a quello ch'hanno prodotto
Anonimo -