Da più parti è stato sostenuto che gli enormi sviluppi della ricerca scientifica sui processi neuro-chimici che sono alla base dei processi psichici, ed in particolar modo dei processi in senso lato "patologici", abbia come scopo principale, se non unico, quello di creare nuovi psicofarmaci da piazzare sul mercato, spesso solo apparentemente più efficaci. Si tratta di una linea di pensiero sulla quale occorre riflettere, ma che deve essere riportata nelle sue giuste proporzioni, per impedire fondamentalismi che portano a demonizzare indistintamente i farmaci in uso nella psichiatria. In effetti, non è il farmaco a essere buono o cattivo, ma l'uso che se ne fa. Un uso razionale degli psicofarmaci, con la debita attenzione gli innegabili e numerosi effetti collaterali che la maggior parte di essi comporta, consiste nella ricerca della posologia minima efficace e nella somministrazione per periodi possibilmente brevi, evitando, se consentito dal decorso della malattia, l'utilizzo cronico a dosaggi elevati.
Anonimo -