È, quella che la protagonista senza autocensure racconta ai lettori, una vita affrontata e vissuta nella ferma convinzione che sia diritto e dovere d'ogni donna riuscire a realizzar a pieno la propria identità. Impresa per la cui attuazione, pure su questo la protagonista non ha dubbi, il corpo deve costituir per lei il più fidato dei compagni e dei complici. Sì, il corpo che ingiustamente, servendosi di Dio come alibi, la prepotenza maschile da millenni bistratta e perseguita. Mentre possiamo esser certi che Egli, essendo somma giustizia, si sarà coperto gli occhi con le mani ogni volta che dall'alto dei cieli ha visto una donna smaniare nella trappola di pregiudizi creati per sottrarle la libertà. E allora applaudiamo Annarella che, anticipando le istanze femministe (è nata all'inizio del primo conflitto mondiale), questi pregiudizi li liquida e cestina: in fondo è per tutte noi che si batte! E, chi sa?, forse l'ardire di rapportarsi al reale senza peli sulla lingua lo trae pure dalla forza insita nell'incanto infinito di Capri, la sua isola.
Anonimo -