"Il gioco della Verità" è un libro prezioso, perché ci permette di vedere con i nostri occhi, per così dire in presa diretta, lo spirito del `68. Come se avessimo trovato un rullino di fotografie scattate allora e lo sviluppassimo oggi, possiamo leggere questo romanzo scritto a quattro mani, giorno per giorno, quell'inverno tra 1968 e 1969, da due brillanti ventenni di solide letture e modelli (da Joyce a Kerouac, per fare due nomi). Rimasto sepolto per 50 anni, questo testo ora ci mostra qualcosa di inedito, attraverso i loro occhi. Un'esperienza rara, dato che tutto quello che è stato scritto sul 68 è stato scritto ex post, com'è ovvio.
È così forse possiamo scoprire davvero e semplicemente come in quei tempi i giovani hanno cambiato il mondo, nella ferma volontà di cambiarlo, ma prima che tutto venisse assorbito e schiacciato dall'ideologia e dalla politica, che pure non manca.
Ragazzi e ragazze per la prima volta liberi, di muoversi, di amare, di sperimentare, di consoscere la vita e se stessi, di operare delle scelte proprie. Decisi a prendersi tutto, o almeno a godersela il giusto.
Il cinquantesimo anniversario del `68 ha stimolato reazioni di segno diverso, dalle banali rievocazioni - o commemorazioni - dei bei tempi che furono, delle lotte e ideologie perdute, fino al mero marketing per nostalgici ex ragazzi non cresciuti neppure alle soglie degli -anta.
Il tutto immerso in un brodo unto di retorica che ci riconsegna l'immagine di quell'anno con addosso un peso di responsabilità e storia che lo allontana da noi molto più della sua reale distanza, come se si trattasse di un passato molto più remoto. Leggete questo libro prezioso!
Anonimo -