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Vedere l'anoressia come stile di vita o come malattia che si sviluppa all'interno del gruppo di appartenenza (familiare, culturale o sociale) equivale a restituire una complessità vitale all'esperienza privata soggettiva. In base a questo presupposto - fondato anche su modelli tratti da discipline diverse dalla psicoanalisi, quali la sociologia e l'antropologia - l'autrice analizza le teorie psicoanalitiche più attente agli aspetti sociali e primitivi della mente e più adatte a favorire nel gruppo l'ascolto e l'elaborazione, nonché a dotare di senso le esperienze, anche estreme, che compaiono nei disturbi del comportamento alimentare. Pur assumendo come riferimento la teoria del microgruppo analitico di Bion, di cui sottolinea la validità nel trattamento delle patologie gravi, l'autrice sostiene la necessità che l'analista adatti il modello di cui dispone ai bisogni specifici della 'posizione' anoressica, per esempio integrandolo con i modelli proposti dalla psicoanalisi delle relazioni oggettuali e della più recente psicoanalisi relazionale. In questa prospettiva, il gruppo diviene un sistema capace di accogliere e dotare di coesione i pazienti affetti dalle moderne patologie legate alla fragilità psicosomatica e dell'identità.
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Anonimo -