Il clima di questo celebre dialogo è quello festoso di una cena fra intellettuali, amici e discepoli di Socrate. L'argomento di cui si parla è l'amore che i discorsi dei commensali delineano in una varia fenomenologia: Amore celeste e Amore volgare, amore come stimolo al bene, come composizione armonica degli opposti, come ardore di educazione, come principio ispiratore delle arti e delle scienze. Ma l'approdo più alto è nelle parole di Socrate. Egli narra un mito riferitogli da Diotima, donna esperta di cose sacre: Amore è una sorta di demone, nato dalle nozze di Ingegno e Povertà. Come il padre, egli inventa ed escogita, come la madre, soffre e mendica. Non è dunque possesso, ma desiderio di possesso; è bisogno e inquietudine; è mancanza e tensione inesausta, che dall'attrazione per le belle forme sensibili trapassa al conseguimento dei valori più alti della vita etico-politica e infine si leva alla ricerca della Bellezza in sé. Il processo di sublimazione dell'Eros appare come sbocco di un impulso elementare e cosmico che culmina nella filosofia, che è amore di sapienza e di verità. Dell'opera l'ampia introduzione di V. Di Benedetto suggerisce approfondimenti di lettura, sul piano filologico e speculativo. Testo greco a fronte.
Anonimo -