Composto nel 1901, questo dramma si pone sulla soglia del secolo come prefigurazione di tutte le audacie del teatro moderno. "Tutto può avvenire, tutto è possibile e probabile. Tempo e spazio non esistono; su una base minima di realtà, l'immaginazione disegna motivi nuovi: un misto di ricordi, esperienze, invenzioni, assurdità e improvvisazione": così scriveva Strindberg presentando "Il sogno", nel quale avrebbe poi riconosciuto "il dramma prediletto, la creatura del mio maggior dolore". Descrizione efficace e veritiera. In effetti anche il lettore di oggi rimane stupefatto davanti alla naturalezza con cui Strindberg scavalca tutte le convenzioni del tempo per addentrarsi in una nuova ragione, in una nuova forma - definibile 'teatro psichico' - che avrebbe dato origine a messe in scena ormai leggendarie, come quelle di Max Reinhardt (1921) e di Antonin Artaud (1928). E proprio nel programma pubblicato in quell'occasione Artaud faceva del "Sogno" di Strindberg lo stendardo del teatro che si proponeva di sperimentare: "Tra la vita reale e la vita del sogno è un gioco di combinazioni mentali, sono rapporti di gesti, di avvenimenti traducibili in atti: ciò costituisce quella realtà teatrale che il Teatro Jarry si propone di far rivivere. Il senso della realtà vera del teatro è andato smarrito. Dai cervelli umani è scomparsa la nozione del teatro. Essa esiste, invece: a metà strada tra realtà e sogno".
Anonimo -