Come il diario in versi «Viola di morte» (1972), anche «Il tradimento», che ne è «grave e terribile seguito», sembra alimentato dal furore e dalla rabbia, quasi che scrivere colmasse in Landolfi sono parole di Citati «una tremenda voragine esistenziale, che torna a riaprirsi alla fine di ogni poesia, più angosciosa di prima. Ora i suoi versi ci rivelano l'immediato scatto dei nervi: ora tendono alla scansione nuda dell'epigramma e dell'aforisma. Non volano mai, non cantano mai, non corteggiano mai le grazie dell'immagine e della musica». E la ragione è chiara, lacerante: ugualmente allettato dal versante `selvoso della prosa e da quello `brullo, `spoglio della poesia, Landolfi si sente ormai, da entrambi, ugualmente respinto.
Anonimo -