Romanzo picaresco, enciclopedia, trattato morale, critica letteraria, satira: è possibile assegnare "Il Tribunal della Critica" del genovese Francesco Fulvio Frugoni a ciascuna di queste categorie senza esaurirne completamente la natura proteiforme. Ristampato qui per la prima volta dopo l'unica edizione originale seicentesca, il bizzarro libro costituisce il "quinto latrato" ossia il decimo racconto della monumentale opera "Il Cane di Diogene", frutto di un lavoro venticinquennale uscito postumo in sette volumi tra il 1687 e il 1689. Ne è protagonista il cane Saetta che racconta in prima persona i propri viaggi e prende parte, in questa tappa delle sue peregrinazioni, alla sessione annuale del Tribunale presieduto dalla Critica, nel quale si giudicano tutti i libri, buoni e cattivi, pubblicati nell'orbe letterario. Prima di arrivare sul monte Parnaso dove ha sede il Tribunale, Saetta compie un viaggio insieme a Mercurio, posto alla guida della carovana che trasporta i libri, e visita luoghi fantastici e allegorici: dall'isola di Anticira, dove risiedono i poeti pazzi curati con l'elleboro, all'isola di Gastrimargi, residenza dei crapuloni collocati entro un monde renversé in cui l'ordine della realtà e dei valori sono ribaltati nella morale bacchica della gola e del ventre. Giunto al Tribunale, Saetta assiste alle "giudicature", ciascuna dedicata ad una specifica disciplina: vengono pesati su una bilancia e quindi valutati libri di svariatissimi argomenti che spaziano fra la poesia e la narrativa, la storia e la filosofia, le scienze naturali e la teologia. Conclude il cerimoniale, e insieme il racconto, una serie di cene con imbandigioni allegoriche e pittoresche metamorfosi, presiedute dalla Critica e dalle Scienze coadiutrici nell'impegnativa impresa di vagliare l'intero complesso della letteratura passata e presente. Scritto con un gusto rabelaisiano e con una lingua concreta ed espressionistica, "Il Tribunal della Critica" sa affascinare anche il lettore di oggi, guidato dal sapiente commento qui allestito, e costituisce il momento di massima tensione della cultura 'concettista' italiana.
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