Diceva, credo, Bertrand Russell che la matematica è quella scienza nella quale non si sa di cosa si parla, né se quello che si dice è vero. Russell, come è noto, era un realista, un realismo che traspare anche dietro questa affermazione, scherzosa solo fino a un certo punto. Se non altro, il fatto stesso di porsi la domanda: quello che dice la matematica è vero? implica la possibilità di verificare i teoremi che il matematico va faticosamente intessendo, confrontandoli con 'qualcosa' al di fuori del linguaggio, qualcosa di cui la matematica 'parla'. Non è un'affermazione di poco conto, specie da quando gli stessi matematici hanno perso una sicurezza che sembrava inattaccabile: se fino al secolo scorso la matematica era 'la scienza della quantità', ora gli autori del più completo trattato di matematica generale, gli "Eléments de mathématiques" di Bourbaki, hanno rinunciato completamente a dotare i simboli che introducono di un qualsiasi significato; per loro la matematica consiste unicamente nella manipolazione di segni. Naturalmente, non tutti la pensano così, e si può anzi affermare che la maggior parte dei matematici, probabilmente anche di quelli che si sono formati sulle pagine del Bourbaki, sono convinti che le loro proposizioni sono affermazioni su oggetti che hanno un'esistenza in qualche modo reale, anche se non concreta e materiale. Se e fino a che punto una tale convinzione sia giustificata è il tema di questo libro, che descrive il faticoso emergere alla realtà di alcuni tra i principali oggetti della matematica.
Anonimo -