L'io narrante è Agostino, nato nel 1838, antiborbonico, di professione avvocato con studi a Napoli, sposato, numerosi nipoti, nessuno di questi però porta il suo cognome perché i figli maschi, che sono il suo cruccio, viziati e dalle mani bucate, non gli hanno dato un erede maschio. Poco incline a parlare di sé, all'età di 85 anni decide di fare un resoconto della sua vita. Accenna al contesto storico e sociale in cui si trovava il meridione d'Italia, la nascita della "cassa sacra", il latifondismo, la soppressione degli enti ecclesiastici e la vendita dei loro beni. Nomina alcuni suoi antenati, i capitoli matrimoniali di costoro ed i loro pochi beni. Descrive le persone che ha conosciuto ed hanno lasciato un segno nella sua vita. La nonna: "giacente a letto, attratta dalla gotta, mi donava i fichi secchi di Gerace". Il padre: "Calloso nelle mani e poco colto, ma intraprendente ed industrioso". La madre: "La singolare espressione del suo volto è per me motivo di orgoglio". Lo zio: "Il dotto amministratore".
Anonimo -