Da che cosa si sente minacciato chi mette in discussione i principi della selezione naturale? La schiera degli oppositori al darwinismo integrale è piuttosto variegata, e accanto a presenze scontate, come i creazionisti che scorgono nelle glorie della biosfera lintervento di una mano ultraterrena, vi si incontrano insospettabili spiriti laici, mossi da scetticismo o recalcitranti allortodossia evoluzionistica, quando non asserragliati in una bellicosa ostilità. Daniel C. Dennett, darwinista conseguente, non arretra di fronte né ai demolitori né ai perplessi né agli evoluzionisti dimezzati o scadenti. Accetta, anzi, ogni sfida. Con intrepido dominio riesce a maneggiare in una maniera che ha fatto scuola nei dibattiti scientifici quel «solvente universale, capace di incidere nel profondo ogni cosa visibile» che è lidea pericolosa di Darwin, e a smontare convincentemente le tesi di avversari illustri, come Stephen J. Gould, Noam Chomsky e Roger Penrose. Che il ramificatissimo albero della vita si sia generato da sé secondo un processo algoritmico, nella lentezza abissale del tempo, è ben lontano dal nascondere «terrificanti implicazioni». Dennett ne è persuaso: «lapplicazione corretta del pensiero darwiniano alle questioni umane i problemi della mente, del linguaggio, della conoscenza e delletica, per esempio le illumina in modi che hanno sempre eluso le impostazioni tradizionali, dando nuova forma ad antichi problemi e indicandone la soluzione».
Anonimo -