In questo breve saggio, scritto nel 1899, Salomé affronta la questione della differenza sessuale e dell'autonomia femminile, tracciando una sorta di "fenomenologia del femminile" su cui fonda l'idea della superiorità della donna. Il femminile è un genere capace di "comprendere", contenere il maschile, mentre il maschile ha difficoltà a "contenere" il femminile. Quest'ultimo, come l'ovulo, è indefinito e sferico, ma non per questo oscuro, incompleto e inquietante; al contrario esso è per sua natura luminoso, indivisibile e autonomo, "naturalmente felice" perché unito al tutto infinito ed eterno. Mentre il maschile scopre la sua incompiutezza nella minuscola cellula che lo caratterizza, avanza all'infinito lungo una linea retta, in una eterna insoddisfazione che necessita sempre di nuovi obiettivi. Non c'è dunque alcuna ragione di invidiare l'uomo: il femminile è "simbolo del tutto e dell'eterno". Ma finché le donne non prenderanno in considerazione se stesse, «cercando di capirsi con il maggiore impegno e la massima serietà possibile nella loro diversità dall'uomo non sapranno mai quanto vasti siano in realtà i confini del loro mondo».
Anonimo -