Ai ceti dirigenti italiani, e in particolare a quelli del Veneto, stata attribuita spesso dagli storici dell'et contemporanea una particolare capacit nel tenere sotto controllo, indirizzare e modellare i ceti popolari con strumenti di tipo pedagogico e coercitivo. Utilizzando come casi di studio tre insurrezioni popolari del Trevigiano (Cavasagra 1907, Badoere 1920, Sant'Ambrogio 1957), l'autore esplora in questo lavoro l'ipotesi opposta: nel corso dei secoli anche i ceti contadini, tutt'altro che eterodiretti, si sono dimostrati capaci di condizionare le lite con una sorta di "pedagogia della rivolta", inducendole a moderare lo sfruttamento. Una prospettiva di autoriconoscimento non subalterno che contribuisce a mettere in discussione alcuni aspetti dell'azione politica e culturale delle classi dirigenti del passato verso le masse popolari e che evidenzia i rischi che anche oggi si corrono, in tempi di elitismo e populismo, quando si disprezza o si inganna sistematicamente la parte pi debole e sprovveduta della societ.
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