«Va a vedere che cos'è!» comanda alla suora conversa. Questa si slancia fuori: e collo teso, le ali palpitanti, l'uccello l'afferra, la schiaccia, e l'inghiotte. Poi riprende a colpire col becco, e la regina, stanca di aspettare, spedisce un'altra messaggera. Una dopo l'altra le inviate scompaiono. L'alveare è trepido ed angosciato. Ah! se si potesse rimanervi sordi e indifferenti! Se vi si sapesse aspettare!
Il grande Melchiorre Sinclair ride a crepapelle di quelle stolte femminuccie accovacciate nel loro alveare e della malizia dell'uccello briccone dal capino nero e dal petto verdastro. In verità l'attesa non è uggiosa, allorchè si è sicuri del fatto proprio, e attorno i soggetti di distrazione non mancano.
Ecco il cane di guardia che si avanza. Si avvicina sulla punta delle zampe, ad occhi bassi, e agita indolentemente la coda, quasi vagabondasse senza scopo. A un tratto, si dà a grattare furiosamente la neve: quel poco di buono vi ha nascosto qualche boccone male acquisito. Ma al momento in cui alza il capo per veder se può mangiarselo in santa pace, rimane tutto confuso davanti a delle gazze che lo guardano.
- Scroccone, - dicono le gazze che gli sembrano la coscienza personificata.
Anonimo -