Le conseguenze politiche di un'epoca turbolenta come la nostra sono imprevedibili. Mentre a noi la dittatura sembra appartenere al passato, miliardi di persone in Africa, Asia, Medio Oriente e America Latina vivono sotto un regime autoritario. Come nasce una dittatura? Quali sono le condizioni che ne assicurano la durata nel tempo? Qual è la differenza tra un giovane cresciuto in Cina o in Egitto e un suo coetaneo negli Stati Uniti, in Gran Bretagna o in Italia? E in che modo i dittatori mantengono il potere, anche quando le cose nel loro Paese vanno male? Come una malattia che a seconda della persona colpita si manifesta con una sindrome diversa, eppure ugualmente pericolosa, la dittatura esprime una relazione patologica tra chi governa e chi è governato, ed è una minaccia che nessuno dovrebbe sottovalutare. Neanche in una democrazia come la nostra, dove la parola "dittatura" oggi ha un suono esotico. Come solo un grande scrittore può fare, `Ala al-Aswani cerca il catalogo dei sintomi nelle storie e nei comportamenti: rievoca episodi della sua vita in Egitto sotto Nasser ma anche momenti decisivi della storia del Novecento, dimostrando che in Europa e in Medio Oriente la stessa sindrome si è manifestata in forme diverse. L'Italia di Mussolini, la Germania di Hitler, l'Iran di Khomeini e l'Iraq di Saddam Hussein sono lontani nel tempo e nella geografia, ma forse lo sono di meno nell'esperienza. Ogni volta la sindrome colpisce sia il bravo cittadino sia il dittatore. Diffonde terrore e altera la verità, fra teorie del complotto e controllo dell'informazione. C'è un sintomo in particolare che deve interessarci, perché è urgente e ci riguarda da vicino: è l'attrazione per l'uomo forte, che offre sicurezza in cambio della rinuncia a diritti e libertà.
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