Livia ha quarant'anni, è italiana, e vive a New York. Lavora come editor e traduttrice quando incontra Arno, americano, analista informatico, un uomo pacato e brillante: i due più che conoscersi si riconoscono, e presto fanno coppia. Ma, come spesso avviene dopo una certa età, c'è un passato con cui fare i conti. Arno ha infatti alle spalle un matrimonio e un divorzio, una ex moglie e soprattutto una figlia di cinque anni, Emma. A Livia i bambini non sono mai interessati, tuttavia sulle prime non le dispiace che lui sia padre, quasi aggiungesse alla sensualità una specie di calore. In breve, però, le è chiaro che quello con Arno non potrà mai essere solo un rapporto a due. Da subito la figlia erode con i suoi bisogni e i suoi capricci, a volte semplicemente con la sua presenza, lo spazio emotivo della coppia. Emma tratta Livia come un'intrusa, mentre Livia non riesce a vedere in Emma la bambina che è. Con il passare del tempo finiscono a viversi come rivali, avversarie. La diffidenza tra loro si acuisce finché un incidente porta in superficie la corrente elettrica di un legame a tre mai dichiarato. La figlia di lui è una storia di quotidianità minima esplosiva: Chiara Marchelli indaga con asciutta eleganza e sguardo intimo la complessità dei legami contemporanei, scrivendo un romanzo che racconta un'esperienza comune vissuta in prima persona o nel racconto di amiche, amici, parenti ma che non aveva ancora trovato rappresentazione compiuta. Qui ustionante e potentissima. Sento Emma pervadere ovunque, anche quando non c'è. E quando arriva tutto si ferma, si altera, si spreca. Ho questa impressione: che Emma venga a usurpare. Donne senza figli. Donne che si mettono con uomini che di figli ne hanno, e magari piccoli. Costrette in un ruolo che non avevano previsto, o mai voluto. E se a prendere la parola fosse una di loro, cosa racconterebbe?
Anonimo -