Luce vive barricata in casa, vegeta sul divano, mastica fette biscottate davanti a Canale 32, il canale monotematico di televendite perenni di anelli e bracciali. Ha perso il lavoro e l'appartamento 51, l'unica sua entrata finanziaria, è sfitto da un po'. In casa tutto è a terra, le mensole, i libri, i cassetti, e i giorni e le notti si susseguono senza tempo.Un giorno irrompe nella sua vita Bambina, Viola, cinque anni, figlia di Yuri, suo fratello, che non vedeva da un Natale passato, anni fa. Bambina è muta, ha deciso di non parlare più. «Pensavo mi avrebbe seguita, con i cani succede così, invece era lì, di sale». Bambina, non parla, ma telefonerà a canale 32. Non parla, ma scriverà numeri su post-it fluorescenti. Non parla, ma appiccicherà quadrati colorati sulla porta di Luce e poi giù per le scale e sotto il portico. Bambina creerà tappe di foglietti di carta che Luce, alla fine, seguirà uno dopo l'altro uscendo finalmente per strada. Bambina sarà il tramite, il punto di contatto tra le persone importanti del passato di Luce e quelle che le si avvicineranno in futuro, come Morgan, il ragazzo che risponde a canale 32. Luce inizierà a lavorare in una libreria e per andarci dovrà prendere la metro, un tram, fare circa settanta passi, e attraversare l'incrocio. È una storia sulla solitudine e sul tempo, che ti attraversa lo stesso, anche se tu rimani immobile, fino a che non arriva nella tua vita una bambina.Francesca Marzia Esposito vive a Milano, insegna danza. Si è laureata al Dams di Bologna, ha conseguito un master in Scrittura per il Cinema all'Università Cattolica di Milano. Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati sulle riviste: Granta, `tina, Colla, GQ e altri.Mi fissa, dissi.Non ti fissa.Yuri le carezzò la testa. Un minuscolo intervallo di silenzio ristabilì il contatto visivo tra me e Bambina.È grande per avere un anno, dissi squadrandola da capo a piedi. Ne ha cinque, disse Yuri. La faccia di Bambina sembrava scartavetrata, compatta, chiarissima, in attesa di espressione. In attesa della faccia adulta che la vita nel tempo le avrebbe costruito sopra. In attesa delle pieghe sottili che i disagi tra una trentina di anni le avrebbero increspato la pelle. Continua a fissarmi.Non ti fissa.La guardai di nuovo. Mi stava fissando, altroché.E che dovrei fare. Niente di che, vi fate compagnia.Non so dove metterla.Non la devi mettere da nessuna parte. Lei fa le sue cose, guardate la tele, i cartoni.Mi fissava. Se vuoi fare una gara di resistenza, ti batto e ti doppio in curva, pensai e le feci gli occhi di pietra come i suoi.
Anonimo -