dirige il giornale locale, e spinto dall'ambizione
vive sino in fondo gli anni del Terzo Reich,
qui narrati da una prospettiva del tutto inedita:
la merce. I debiti per la casa, la rincorsa
all'automobile lussuosa, l'appropriazione
della villetta del vicino ebreo, che dà inizio
a una seria di speculazioni immobiliari, prima
in Germania poi in Italia. Dal bagnino della
piscina di Merano alle commesse
della Rinascente nel dopoguerra milanese,
fino alle sonnolenti stagioni balneari della
Riviera romagnola, il racconto di «due mondi
che si uniscono per sempre».
La storia di tre generazioni della famiglia Hinner,
che dalla Germania di Hitler arriva all'Italia dei giorni nostri.
A parlare è Hilde, testimone della sua stessa esistenza, ribelle
inerte nel mondo progettato dal padre, dai padri. La sua voce,
ora laconica ora straripante, narra ottant'anni di vicende private
intimamente intrecciate al Novecento, «all'alba dei grandi
magazzini», al turismo di massa, all'ossessione del corpo.
Fino a innescare un cortocircuito che fa esplodere il nostro
presente, denudandolo come mai prima era stato fatto.
Se I Buddenbrook ripercorreva la decadenza di una famiglia
tedesca dell'Ottocento, La gemella H non può che registrare
il giornaliero «assecondare il flusso di eventi travestiti da soldi»
di una famiglia ossessionata dai beni e compromessa
con il Male. Decisa a dimenticare, pur di salvarsi.
***
«Succede nelle dittature e nelle democrazie,
la quotidianità prende il sopravvento come
una forma ottusa di rimozione, di difesa,
e suggerisce la vita».
La nostra recensione
La storia della famiglia Hinner comincia a metà degli anni Tranta con l’acquisto a prezzo stracciato della villetta di una coppia di giovani ebrei costretti a svendere e a fuggire, proprietà poi rivenduta prima della fine della guerra a un prezzo molto superiore. Su quel gruzzolo di marchi, gravati da un’infamia in fondo di poco conto, l’ambizioso e intraprendente Hans Hinner costruisce il benessere della sua famiglia senza che la colpa venga a offuscarne minimamente il futuro. È Hilde a prendere la parola, ma la sua voce si mescola alla narrazione neutra dell’autore e a quella della gemella Helga fino a diventare una voce sola e a riunire il doppio nella “gemella H”. Con pochi lucidi secchi tratti Giorgio Falco descrive la piccola comunità di Bockburg da cui prendono il via le vicende della famiglia Hinner, dall’adesione al nazismo scaltra e opportunista (più che ideologica) fino all’esilio in Italia, prima a Merano poi sulla riviera adriatica, passando per la Milano del dopoguerra, della ricostruzione, della Rinascente e delle prime luci consumistiche. Falco è talmente bravo nel maneggiare la sua storia e la Storia che riesce a raccontare il nazismo sfiorandolo appena (i cani della famiglia sempre di nome Blondi, le autostrade veloci del Reich, le macchine di lusso, i cinegiornali), e ne evoca il dramma facendo della pensione aperta da Hans a Milano Marittima il luogo dove affluiscono frotte di tedeschi (e di italiani) desiderosi di dimenticare quello a cui avevano partecipato e quello che avevano finto di non vedere. Così Falco tratteggia con precisione e sicurezza anche l’Italia immatura sputata fuori dalle fauci della guerra, e quegli italiani “piccoli piccoli” che sgomitano l’uno accanto all’altro per un posto al sole. La quotidianità della famiglia Hinner (le famiglie in letteratura sono delle splendide magie narrative) si fa metafora dell’incubo consumistico delle generazioni uscite dalla guerra, in una lotta disperata per affermare la propria presenza nel mondo in cerca di assoluto, al là del bene e del male, in realtà cinicamente concretamente disciolte nel bene e nel male. Antonio Strepparola
Anonimo -